ACSE on LINE 3/5 2010

ACSE on LINE 3/5  2010
scuola

lunedì 18 gennaio 2010

ACSE ON LINE DI GENNAIO 2010

ACSE

Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi) anno 3 nº 1

Direttore: P.Claudio Crimi , missionario comboniano - Via S. Pancrazio 17b - 00152 Roma GENNAIO 2010

Sede dell’ACSE Via del Buon Consiglio 19 – 00184 ROMA tel. +39.06.6791669

Collaboratori alla redazione: Francisco Morales; Grazia Gasparri; Filippo Marino; Flavien del Burundi; Enrica Inghilleri Italia; Enza Giuffrè..

Editoriale Gennaio 2010 di “ACSE on LINE”

Il tragico terremoto di Haiti ha messo in evidenza la fragilità umana e, speriamo, abbia fatto capire ai “capi di stato” di tutto il mondo che l’unica via che apre alla vita e al futuro è la collaborazione e l’unità del genere umano che, dovunque si trovi, possiede gli stessi diritti e gli stessi doveri.

Questo terremoto ha permesso che gli strumenti di guerra si trasformassero in strumenti di pace. Tutti i mezzi navali terrestri ed aerei si sono coalizzati per far arrivare il più presto possibile , su quest’isola martoriata , gli aiuti provenienti da ogni parte del globo.

QUESTA è LA GLOBALIZZAZIONE CHE NOI VOGLIAMO ! QUESTA E’ LA PREMESSA A UNA VERA APERTURA ALLA PACE DEI POPOLI.!!!!!

Siamo ancora lontani dalla meta: un mondo unito, un genere umano nella diversita dei popoli, nell’ unità di intenti per permettere ad ogni uomo di poter nascere e crescere, cosciente del proprio e dell’altrui valore, nel rispetto dei propri ed altrui diritti, uniti nello sviluppo del bene e della giustizia , veramente uguale per tutti. Tuttavia si comincia a vedere lontano, in mezzo a tutte le difficoltà esistenti che i popoli camminano verso un’ unica meta. QUESTO FUTURO E’ POSSIBILE !

METTIAMOCI AL LAVORO, CON L’AIUTO DI DIO !!

(P.Claudio – Missionario Comboniano)

INFO dell’ACSE:

Sabato 16 gennaio alla S. Messa del Sabato pomeriggio , nella nostra sede, i giovani dell’dell’ACSE, si sono incontrati con il gruppo GIM di Roma, venuti in visita. C’erano presenti circa 40 giovani provenienti da 10 paesi differenti: Congo, Camerun, Maurizius, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Togo, Mexico, Equador, Peru ed Italia Dall’incontro è nata l’idea che potremmo in futuro lavorare insieme su molti punti in Comune tra i giovani del GAM( Gruppo ACSE Multiculturale), con i Giovani del GIM (Giovani e impegno Missionario) dei Missionari Comboniani.

Punti in comune: a) i due gruppi sono ispirati a Gesu Cristo e a Daniele Comboni.

b) i due gruppi sono interessati al servizio degli altri , in particolare dei più poveri e abbandonati, tra questi ovviamente gli immigrati : Gesù ha detto: “ ero straniero e mi avete accolto”

Ben Felici di queste nuove prospettive invitiamo anche gli altri giovani e i volontari dell’ACSE che volessero e potessero venire a comparire alle nostre Celebrazioni Eucaristiche del Sabato pomeriggio.

2° Domenica 17 gennaio : Il gruppo dall’ACSE si è recato in Piazza San Pietro per pregare l’ANGELUS con il Papa e le migliaia di cristiani che erano venuti a ricordare il 96° anniversario della “Giornata Mondiale per Gli Immigranti , Rifugiati e Profughi”.

Il Santo Padre ha ribadito che dietro ogni immigrato c’è un uomo la cui dignità non può essere violata. Tutti d’altronde devono essere riconosciuti e rispettati nei loro diritti e devono compiere i loro doveri. Finalmente il Papa ha sottolineato in particolare la cura che la società si deve prendere deigli immigrati BAMBINI per i quali non sarà mai sufficiente l’attenzione e la cura perché sono i più deboli e, spesso , abbandonati.

"Nell’odierna Domenica 17 gennaio si celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. La presenza della Chiesa a fianco di queste persone è stata costante nel tempo, raggiungendo traguardi singolari agli inizi del secolo scorso: basti pensare alle figure del beato vescovo Giovanni Battista Scalabrini e di santa Francesca Cabrini. “Nel Messaggio inviato per l’occasione ho richiamato l’attenzione sui migranti e i rifugiati minorenni": lo ha detto Benedetto XVI oggi prima della preghiera mariana dell'Angelus, recitata con i fedeli presenti in piazza San Pietro. "Gesù Cristo, che da neonato visse la drammatica esperienza del rifugiato a causa delle minacce di Erode ha continuato il papa - ai suoi discepoli insegna ad accogliere i bambini con grande rispetto e amore. Anche il bambino, infatti, qualunque sia la nazionalità e il colore della pelle, è da considerare prima di tutto e sempre come persona, immagine di Dio, da promuovere e tutelare contro ogni emarginazione e sfruttamento. In particolare, occorre porre ogni cura perché i minori che si trovano a vivere in un paese straniero siano garantiti sul piano legislativo e soprattutto accompagnati negli innumerevoli problemi che devono affrontare. Mentre incoraggio vivamente le comunità cristiane e gli organismi che si impegnano a servizio dei minori migranti e rifugiati, esorto tutti a tenere viva la sensibilità educativa e culturale nei loro confronti, secondo l’autentico spirito evangelico". Dopo l'Angelus, Benedetto XVI ha aggiunto: "Il nostro pensiero, in questi giorni, è rivolto alle care popolazioni di Haiti, e si fa accorata preghiera. Il Nunzio Apostolico, che grazie a Dio sta bene, mi tiene costantemente informato, e così ho appreso la dolorosa scomparsa dell’Arcivescovo, come pure di tanti sacerdoti, religiosi e seminaristi. Seguo e incoraggio lo sforzo delle numerose organizzazioni caritative, che si stanno facendo carico delle immense necessità del Paese. Prego per i feriti, per i senza tetto, e per quanti tragicamente hanno perso la vita". IL papa ha anche rivolto un particolare saluto: "In questa Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, sono lieto di salutare le rappresentanze di diverse comunità etniche qui convenute. Auguro a tutti di partecipare pienamente alla vita sociale ed ecclesiale, custodendo i valori delle proprie culture di origine. Saluto anche i brasiliani discendenti di emigrati del Trentino. Grazie di essere venuti!".Da Misna 17-1-10

INTEGRAZIONE: SPERANZA PER IL FUTURO (Da un’interv. a F. Pittau specialista in statistiche della migrazione – Caritas)

“È tempo che in Italia si cominci a parlare seriamente di “pacchetto integrazione”: è quello che la situazione richiede e ciò che chiede anche la maggioranza degli immigrati che vive e lavora onestamente e si sente ignorata”, così Franco Pittau, Coordinatore Dossier Statistico Immigrazione della Caritas/Migrantes, sottolinea la contraddizione insita in un approccio che, dati alla mano, dà un’enfasi eccessiva alla questione della sicurezza davanti ad un fenomeno complesso che ha bisogno di essere affrontato con adeguate politiche sociali. Secondo Pittau, i dati demografici dimostrano che l’immigrazione in Italia è un fenomeno strutturale e inarrestabile. La legalità è un principio fondamentale, e chi delinque va punito, ma c’è la maggioranza onesta, che lavora, a beneficio del paese, che reclama altrettanta attenzione. Paradossalmente il governo stanzia per la gestione dei centri di prima accoglienza e di identificazione 36 volte di più di quanto si stanzia per l’integrazione. Ci si chiede perplessi come costruire una società ben integrata se non si investe in questo progetto, al contrario di ciò che fanno altri paesi europei. Un dato per tutti: in Italia il fondo per le politiche per l’integrazione è di 5 milioni, mentre in Spagna è di 300 milioni e in Germania 750 milioni. Occorre dare più attenzione e risorse a servizi sociali e sanitari pensati sulle esigenze dei migranti, ai mediatori culturali nelle strutture pubbliche, all’associazionismo, agli investimenti nella scuola incluse scuole di italiano, ed è sicuramente necessario uno snellimento della burocrazia che rallenta i processi di integrazione. Caritas e Fondazione Migrantes auspicano il superamento del ‘complesso di Penelope’ che porta lo schieramento politico maggioritario a disfare quanto fatto in precedenza. Non è la sicurezza ma sono le politiche di integrazione il vero banco di prova degli interventi governativi in questo settore. ( da Franco Pittaù esperto Statistiche Caritas 10-1-010)

I fatti di ROSARNO !!

Non sembrano aver avuto conseguenze di rilievo, almeno per la salute delle persone, nè l'attacco di sconosciuti contro immigrati presi di mira con armi ad aria compressa nè la successiva protesta di centinaia di lavoratori immigrati - provenienti in prevalenza da paesi dell’Africa subsahariana - svoltasi oggi a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria: un rifugiato politico togolese (di identità per ora non resa nota ma con regolare permesso di soggiorno) è stato ferito leggermente; sono stati inoltre danneggiati cassonetti per i rifiuti e automobili. Dopo l’intervento della polizia è tornata una calma parziale e in serata sono state avviate trattative per far rientrare la protesta. Sarebbero alemno 1500 gli immigrati che, prevalentemente utilizzati come manodopera nell'agricoltura, e vivono in condizioni definite disumane tra Rosarno, in un'ex-cartiera in disuso, e Gioia Tauro in un immobile dell'ex-Opera Sila. Michelangelo Tripodi, assessore all'Urbanistica della Regione Calabria e Segretario regionale del Pdci, in un articolo pubblicato ieri anche dall'agenzia di stampa Asca, riferendosi ai due immobili-ifugio, aveva scritto tra l'altro: "In quel luogo di dolore e di sofferenza vivono centinaia e centinaia di nostri fratelli immigrati, che non hanno nulla, non hanno servizi, non hanno luce, non hanno acqua, non hanno alimenti, non hanno riscaldamento, non hanno coperte, non avrebbero neanche una tazza di latte se non ci fossero organismi come la Caritas e persone come Don Pino De Masi che si stanno prodigando in tutti i modi per garantire il minimo necessario per garantire loro la sopravvivenza". Tripodi aggiungeva: “Si tratta di persone che vengono sfruttate e non vengono neppure pagate dai caporali e dai mafiosi che controllano il mercato del lavoro, specie nel settore agricolo. E’ una situazione che non può essere più tollerata perché lì, all’ex-Opera Sila di Gioia Tauro, si concentra quanto di più barbaro e disumano ci possa essere. Tutti abbiamo il dovere di intervenire per cancellare dalla nostra terra questo scempio di vite e di valori. Noi calabresi, che siamo il popolo dell’asilo, dell’accoglienza, e della solidarietà, non possiamo accettare che tutto questo possa avvenire in casa nostra, nella nostra terra”. (MZ/pmb)[CO]

MODALITA DI AIUTO ALL’ASSOCIAZIONE A.C.S.E.

La nostra associazione vive con le offerte e gli aiuti che riceve. Noi abbiamo bisogno di voi. Aiutateci . Per quanti volessero aiutarci vi indichiamo le modalità:

1° )Conto Corrente Postale n° 65180002 intestato a :

A.C.S.E. –ASSOCIAZIONE COMBONIANA SERVIZIO EMIGRANTI E PROFUGHI ONLUS VIA DEL BUON CONSIGLIO, 19 -- 00184 ROMA

2° )Coordinate Bancarie IBAN : per chi volesse fare un bonifico: BANCA CARIM agenzia via Cavour ROMA IT 50 L 06285 03201 CC 1000030203

3° )Se fosse un assegno dovrà essere intestato ad ACSE o A.C.S.E.

Nostra sede: via del buon Consiglio , 19 -- 00184 Roma tel 06- 6791669

4°) Lo stato ci consente di destinare il 5 x 1000 dell’IRPEF anche alla nostra associazione A.C.S.E. -Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi.

Basta mettere la Vostra firma e il nostro CODICE FISCALE 96309310587

nell’apposito riquadro presente nei Moduli 730, UNICO ex 740 e CUD della vostra prossima dichiarazione dei redditi.

Vi preghiamo di diffondere ad amici e parenti questa opportunità.

GRAZIE E BUON LAVORO DA TUTTI GLI AMICI, SOCI E VOLONTARI DELL’ACSE !!!

giovedì 14 gennaio 2010

Come aiutare la nostra Associazione ACSE

Gli obiettivi delle nostre attività sono indicati nel ACSE on LINE di novembre 2009 .
Sappiamo delle difficoltà che gli immigrati hanno,se sono arrivati da poco e se stanno cercando lavoro o casa.
Noi cerchiamo di aiutarli e chiediamo anche a voi, secondo la vostre possibilità di darci una mano.
Ecco la maniera con cui potete realizzare questo obiettivo.

1° )Conto Corrente Postale n° 65180002 intestato a :
A.C.S.E. –ASSOCIAZIONE COMBONIANA SERVIZIO EMIGRANTI E PROFUGHI ONLUS
VIA DEL BUON CONSIGLIO, 19 -- 00184 ROMA
2° )Coordinate Bancarie : per chi volesse fare un bonifico:
BANCA CARIM agenzia via Cavour ROMA
IT 50 L 06285 03201 CC 1000030203
3° )Se fosse un assegno dovrà essere intestato ad ACSE o A.C.S.E.

4°) Lo stato ci consente di destinare il 5 x 1000 dell’IRPEF anche alla nostra associazione A.C.S.E. (Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi.
Basta mettere la Vostra firma e il nostro
CODICE FISCALE 96309310587
nell’apposito riquadro presente nei Moduli 730, UNICO ex 740 e CUD della vostra prossima dichiarazione dei redditi.
Vi preghiamo di diffondere ad amici e parenti questa opportunità

Grazie di cuore : P.Claudio - direttore dell'ACSE.

martedì 12 gennaio 2010

ACSE on Line propone una riflessione

I: Riflessioni a caldo sui fatti di RosarnoPosta in arrivoX
Risponde Adriano Candioli a me (22 ore fa)
Caro Claudio, ti invio una nota sui fatti di Rosario proveniente da un vecchio collega che ha lavorato in una organizzazione sindacale agricola, quindi attento e competente sulla materia, a lui ed altri girerò le tue riflessioni così facciamo circolare queste note creando consenso e solidarietà, saluti adriano (buon rientro)

Da: Alfonso Pascale [mailto:a.pascale@alfonsopascale.it] Inviato: lunedì 11 gennaio 2010 1.29A: Undisclosed-Recipient:;Oggetto: Riflessioni a caldo sui fatti di Rosarno Quanti sono gli immigrati che lavorano nelle campagne italiane?Nel nostro Paese tutti gli occupati in agricoltura sono 923 mila. Erano un milione e 120 mila nel 2000. Nello stesso anno, gli immigrati che lavoravano nel settore agricolo si contavano in 102 mila unità. Erano 23 mila dieci anni prima e oggi raggiungono le 172 mila unità. In Calabria erano meno di un migliaio 20 anni fa e sono arrivati a 9 mila. In Puglia da 6 mila sono passati nel ventennio a circa 26 mila. Gli incrementi più consistenti si sono verificati nelle regioni del Centro e del Nord, dove si sono decuplicati. Oggi in Lombardia sono 17 mila, in Veneto 19 mila, nel Trentino 15 mila, in Emilia Romagna 18 mila, in Toscana 10 mila, nel Lazio 6 mila.Ma questi sono i risultati di un’indagine dell’INEA (2009) che ha potuto elaborare solo dati ufficiali. Non sono considerati i tanti immigrati irregolari che spesso vengono sfruttati soprattutto nelle regioni del Sud, dove arrivano con la speranza di racimolare un po’ di denaro raccogliendo pomodori, pulendo le vigne dalle erbacce, strappando frutti alla terra, e si ritrovano invece in condizioni da incubo, alla mercè di caporali, intenti a regolare e controllare non solo il lavoro ma la vita dei nuovi schiavi. Questi, infatti, negli ultimi anni spesso sono scomparsi nel nulla o sono morti in circostanze misteriose. I giornali ne hanno parlato nella cronaca nera ma il giorno dopo si è voltato pagina.
Nel Rapporto di Medici Senza Frontiere (2007) si dice senza mezzi termini che ad avallare siffatta situazione di profonda illegalità e ingiustizia sociale troviamo “un atteggiamento ambiguo o ipocrita del sistema istituzionale italiano nei confronti dell’immigrazione irregolare. Da una parte si registrano misure di contenimento del fenomeno migratorio con politiche dal pugno di ferro tese a combattere la clandestinità a difesa della legalità. Dall’altra le stesse istituzioni nazionali e locali si tappano occhi, orecchie e bocche dinanzi al massiccio sfruttamento di stranieri nelle produzioni agricole del Meridione perché necessari al sostentamento delle economie locali. L’utilizzo di forza lavoro a basso costo, il reclutamento in nero, la negazione di condizioni di vita decenti, il mancato accesso alle cure mediche sono aspetti ben noti e tollerati. I sindaci, le forze di Stato, gli ispettorati del lavoro, le associazioni di categoria e di tutela, i ministeri: tutti sanno e tutti tacciono”. E’ una denuncia che proviene da chi frequenta quei luoghi e cerca in solitudine di bagnare le labbra assetate di quei poveri cristi.
Nelle pianure meridionali, soprattutto polacchi, romeni, bulgari, e non più soltanto africani, hanno preso il posto dei vecchi contadini. E caporali spesso stranieri, al servizio dei proprietari italiani, si sono sostituiti ai vecchi caporali, dando vita alla più grande rivoluzione antropologica del Mezzogiorno rurale negli ultimi vent’anni.I nuovi braccianti non sono più le donne e gli uomini dei paesi dell’interno che, privi di qualsiasi altra prospettiva, partivano d’estate ogni mattina coi pulmini verso le aree costiere, ma sono giovani maschi appena giunti in Italia, disposti a svolgere qualsiasi mansione pur di guadagnare un po’ di soldi per poi cercare un impiego più stabile in altri settori e in altre regioni europee. E i nuovi caporali non sono i semplici intermediari che ci eravamo abituati a vedere nelle pianure meridionali al tempo di raccogliere i prodotti dalle piante, ma sono diventati - col tacito accordo dei proprietari dei terreni – gli asettici gestori di un “campo di lavoro”, dove i diritti minimi e ogni forma di ragionevolezza sono soppressi e i corpi delle persone sono ridotte a”nuda vita” da afferrare, manipolare, violentare, sopprimere.Riempiendosi di questi “campi” fuori dalla legge, le campagne meridionali non sono regredite nell’Italia contadina di una volta, come potrebbe apparire ad un osservatore frettoloso, ma sono state catapultate nella postmodernità più cruenta, verso un grado di sfruttamento di quella “nuda vita” quasi totalitario, che gli stessi caporali vissuti ai tempi di Di Vittorio avrebbero faticato a ideare.
Gli atti di efferata aggressività, compiuti da alcuni anni a questa parte come uno stillicidio continuo da un caporalato siffatto, sono sfociati nella guerriglia che abbiamo visto svolgersi a Rosarno. Un’autentica jacquerie, una ribellione odiosa ma inevitabile quando la schiavitù diventa intollerabile. E come ci ha spiegato Antonio Cisterna, sostituto procuratore Antimafia, “quando la gente si è sentita aggredita, si è rivolta ai mafiosi che sono stati costretti ad intervenire per non perdere la faccia”. Sicché, alcune squadracce di giovani caporali sono stati inviati per incutere terrore.
Ma la jacquerie potrebbe diffondersi in altre aree del Mezzogiorno perché vicende come quella calabrese sono, in realtà, sedimenti di storia. Si tratta di una violenza irrisolta che ritorna ad esplodere in forme marcatamente diverse dal passato ma che trova linfa in comuni radici. E’ un’onda lunga che riaffiora. E siccome noi tutti – come ammonisce Alessandro Leogrande nel suo libro-inchiesta “Uomini e caporali” (2008) - chi per un verso e chi per un altro, veniamo da quella storia, conviene che insieme dipaniamo questi fili invisibili che portano alle matasse aggrovigliate del passato.Nei primi anni Venti e alla fine degli anni Quaranta, gli agricoltori aggredivano di persona o facevano massacrare braccianti e contadini senza terra spinti dal timore di perdere i propri possedimenti. Tornando dal fronte affamati di un pezzo di terra dove ricominciare una vita degna di essere vissuta, i cafoni costituivano agli occhi di tanti proprietari terrieri, o di massari e fittavoli che si ingegnavano a diventarlo, una minaccia ineluttabile per la sicurezza dei loro beni. E le frequenti occupazioni di terre di proprietà privata, spesso condotte in forme spontanee e anarcoidi fuori dal controllo dei partiti di sinistra e dei sindacati, venivano percepite come prepotenze ingiustificate e finivano per alimentare odio e rancore. Si sono così ulteriormente forgiate relazioni sociali che si manifestano solo con la violenza e l’aggressività specie nei periodi in cui le insicurezze si allargano a macchia d’olio.
Forse non è la miseria il principale retaggio del passato, ma la disumanità delle relazioni e la bestialità della sopraffazione. E’ la violenza quando non riesce ad essere contenuta da comportamenti improntati ai valori della reciprocità e della gratuità, che pure affondano le proprie radici nel mondo rurale. E’ per questo che, nelle fasi più acute dei conflitti sociali del secolo scorso, quando la violenza non ha trovato canali di sbocco nella costruzione di organizzazioni sociali affidabili e di processi politici volti ad incivilire le contese, essa ha lasciato spazio ad involuzioni autoritarie. Quando viceversa, come nel secondo Dopoguerra, la violenza diffusa nelle campagne è stata incanalata dai partiti di massa nelle lotte per la democrazia, essa ha lasciato il campo al rigenerarsi di quei valori di mutuo aiuto e di solidarietà del mondo contadino che hanno potuto permeare le relazioni sociali nei decenni successivi.
Oggi tutto questo pare essere scomparso di nuovo. E nell’acuirsi dei conflitti sociali di un’Italia multietnica e multiculturale, nelle campagne meridionali non solo sono venute a mancare le lotte ma brillano per la loro assenza i partiti e le organizzazioni sociali. E vanno via i giovani, alcuni perché non trovano opportunità di impiego in dinamiche economiche sganciate dalle risorse territoriali, altri perché rinunciano ad avviare nuovi percorsi. E tutto è lasciato al degrado con l’arrivo di nuovi “cafoni”, nuovi “bravi” e nuovi signori feudali che stabiliscono la posta in gioco in territori ormai privi di comunità.
Forse solo un processo di ricomposizione dei legami comunitari nelle campagne, che veda protagoniste leve di giovani autoctoni e di giovani stranieri in nuove attività economiche legate ad un'agricoltura che produce contestualmente beni alimentari e servizi alla persona e in grado di ritessere le trame sociali di mutuo aiuto e di gratuità, potrebbe permettere al nostro Mezzogiorno di affrancarsi dagli atavici venti di violenza che soffiano impetuosi nelle sue lande e di produrre un’innovazione che si innesti sulle radici migliori della tradizione. Tale processo non si avvia spontaneamente, ma solo se nascono nuovi movimenti, nuovi partiti e nuove organizzazioni sociali che si assumono il ruolo di promuoverlo.E' per questo che, dopo i fatti di Rosarno, dobbiamo rimettere al centro dell'iniziativa politica e sociale il Mezzogiorno e i giovani, le due priorità che ci ha indicato Giorgio Napolitano la sera di S. Silvestro. Aggiungendo, dopo i tristi eventi calabresi, una terza priorità che il presidente ha tralasciato: l’agricoltura. Su questi tre temi prioritari dobbiamo elaborare obiettivi concreti su cui costruire movimenti che durino, progetti che innestino percorsi reali di sviluppo e di cambiamento. Alfonso Pascale

domenica 10 gennaio 2010

Rosarno preoccupa l'ACSE e i suoi amici !

Fino a quando?

Si assiste in queste ore ad una drammatica escalation della violenza contro le persone a Rosario. Gli immigrati stanno ribellandosi alle condizioni inumane in cui sono costretti a vivere nel corso dei mesi della raccolta delle arance. E’ molto importante evidenziare la violenza perpetrata ai loro danni dai caporali delle cosche presenti sul territorio.
E’ necessario innescare da subito meccanismi non violenti di risoluzione del conflitto, intervenire per garantire la vita, la dignità, il lavoro.
Episodi del genere richiamano alla memoria fatti di un recente passato che hanno stroncato la vita dei sopravvissuti all’attraversamento del Mediterraneo, mare di morte, altro che “mare nostrum”!!
L’inconciliabilità del discorso securitario fatto di restrizioni, respingimenti, clandestinità, con una possibile, vera messa in pratica dell’integrazione, è evidente. Come è evidente –e ripetutamente denunciato- il grave ritardo culturale del nostro paese in termini di declinazione dei diritti di cittadinanza. E’ impressionante constatare la frattura tra proclamate politiche di sicurezza e l’abbandono totale d’interi territori nelle mani del malaffare organizzato. La sicurezza deve declinarsi in una pratica attenta del diritto alla vita, alla dignità, alla casa, alla salute, al lavoro, all’educazione.
Il Meridione in questi tempi di economia liberista globalizzata paga un prezzo alto. Prezzo in termini di emarginazione, collasso economico, crisi ambientale e della salute, saccheggio a fini di luco di pezzi dei suoi territori. E’ fondamentale, estremamente urgente smascherare i proclami ufficiali che oppongono il “buono” al “cattivo, il “mio” al “loro”.
In realtà quello che è estremamente urgente, è uno scatto di dignità, di diffusione capillare di pratiche umanitarie che hanno a cuore il benessere della persona, sia essa napoletana, milanese, sudanese, afgana.
Non bastano più le dichiarazioni pur necessarie di singoli vescovi, preti, intellettuali e così via. L’indignazione deve diventare massa critica, altrimenti è solo sfogo!!!
Se si sta capendo sempre di più che l’attuale legge è iniqua, disumana, allora perché non gridarlo, perché non mobilitarsi? Fino a quando la chiesa italiana rimarrà silenziosamente a guardare mentre alcuni vescovi, come parafulmini, s’attirano gli strali dei soliti noti?
Fino a quando l’associazionismo, il sindacato, le tanti reti, si “sdegneranno”, si “stupiranno”? Ieri Ponticelli, Castelvolturno, oggi Rosarno, domani…….
Mi è realmente intollerabile questo andamento ondivago di fronte agli assalti alla vita!!! Fino a quando?
Le parole dello scrittore Franz Fanon assumono un valore forte,

“La violenza che ha presieduto all’assetto del mondo coloniale, che ha ritmato instancabilmente la distruzione delle forme sociali indigene,demolito senza restrizioni i termini di riferimento dell’economia, i modi di presentarsi, di vestire, sarà rivendicata e assunta dal colonizzato al momento in cui,decidendo di essere la storia in atto, la massa colonizzata investirà le città proibite”
F.Fanon,I dannati della terra, Einaudi 1962, p.8

La violenza è sempre da rigettare e rifiutare. Fino a quando la solidarietà pur in atto rimarrà rivolo sparso e la non-violenza, la dignità della persona, il bene comune non saranno coniugate realmente, allora ribellarsi alla morte è segno di vita e speranza.

Enrico G.,comboniano

sabato 9 gennaio 2010

Qualcosa cambierà ! Deve cambiare!

Dopo le vacanze natalizie i volontari dell'ACSE riprendono il lavoro e oggi 9 gennaio 2010 , dopo aver distribuito pacchi viveri e vestiti agli immigrati che ne avessero di bisognohanno assistito nello studio Dentistico i pazienti bianchi e neri che avevano appuntamento. E' interessante vedere una signora russa insieme a un giovane africano del camerun .... il dolore di denti è uguale!
Andateglielo a chiedere. Comunque sono usciti dallo studio rinnovati.

Al pomeriggio del 9 gennaio è in programma un incontro di preghiera e di riflessione, che si concluderà con una Santa Messa per chiedere al Signore luce e saggezza per tutti i responsabili in questo momento difficile per tutti gli italiani.

Il caso del paesetto di Rosarno è la conseguenza e la somma di una serie di azioni che vengono da lontano e denota quanto lavoro ci sia ancora da fare per creare un mondo più civile ed umano.
Uniamo le nostre forze. Qualcosa cambierà.

venerdì 8 gennaio 2010

ACSE afffronta il problema degli avvenimenti di ROSARNO

ROSARNO , MA COSA COMBINI?

Rosario? E’ un paesino sconosciuto della Calabria che da un giorno all’altro è balzato alla cronaca dei giornali: “Rivolta degli immigrati”, “Violenza a Resarno”, “La Criminalità organizzata dietro la violenza”, “Auto incendiate e devastazione in rosario” ! “Il comune di Resarno Commissariato per Mafia”…, chi non ha letto i giornali di oggi o sentito radio e televisione fin da ieri sera?

Il colmo dell’ipocrisia è la faccia di meraviglia che la gente fa di fronte a quanto è successo: “qualcuno ha sparato e ferito due immigrati che se ne stavano tranquilli seduti su una panca.” Da li il putiferio con decine e decine di macchine incendiate, ammaccate, fatte a pezzi proprio perché gli immigrati di Ronzano, circa 1.500 stagionali, erano gia stufi di subire soprusi quotidiani, furti sistematici nelle loro già misere paghe giornaliere. Dei 25 € che ricevevano al giorno per 18 ore di lavoro faticoso a raccogliere frutta, dovevano versare 5€ al caporale di giornata come pizzo,

5€ al boss locale come ringraziamento e se qualcuno voleva mangiare doveva pagare altre 5€ senza dimenticarsi il pedaggio da pagare per il terreno su cui posavano i corpi sfiniti per dormire in baracche di cartone , ed era l’affitto!! Inoltre questi soldi non erano giornalieri perché il lavoro per un giorno c’era e per altri due non c’era!!!

E questi ragazzi sempre pazienti, minacciati addirittura di far venire i carabinieri che li avrebbero espulsi perché molti non erano in regola, ma erano Clandestini e quindi secondo la santa legge “BOSSI-FINI” unita alla legge “PACCHETTO SICUREZZA” autentici criminali da mandare in Siberia o nei Lager. Come colmo della bella vita che facevano erano continuamente minacciati, insultati, maltrattati quando poi non si arrivava al culmine della abiezione quando il boss umiliava tutti , esigendo una ragazza con cui passare la notte, perché gli immigrati erano “merce sua” e ne faceva quello che voleva!! Queste persone sono italiani e vivono a Rosarno e dintorni! Questo atteggiamento è diventato un crimine di responsabilità generale. Ora nessuno sa nulla, nessuno è responsabile di nulla , ora ci si meraviglia che qualcuno ha perso le staffe e ha detto “Basta!?” Nessuno ha mai visto come si comportano i caporali,? Nessuno ha mai visto le schifezze di catapecchie in cui hanno fatto alloggiare gli immigrati , con solo un gabinetto per tutti, senza acqua , senza luce , senza riscaldamento …. Come non reagire di fronte ad alcuni pazzi che pensano di poter sparare impunemente a delle persone che se ne stanno tranquille sedute su una panca ? Immaginate degli immigrati già stanchi dei soprusi della giornata e stanchi da tanto lavoro. Sappiamo anche che l’anno scorso successe lo stesso. Ma quella volta spararono con una pistola e ci furono due feriti gravi al punto che ad uno dovettero asportare la milza !!!

Davanti a tutto questo vorremmo che la gente stesse calma! Ho sentito dire : “ Gli immigrati sono passati dalla parte del torto, perché hanno reagito con violenza!!” . Ma scusate cari amci , se gli immigrati avessero sparato a degli italiani, cosa sarebbe successo?? E’ possibile essere così ciechi da lasciar correre per anni una situazione di ingiustizia permanente così orribile, senza mai aver posto rimedio o concesso speranze o soluzioni e poi pretendere che tutto continui tranquillo ?

E’ ovvio che deve tornare la calma, ma senza giustizia non potrà mai esserci pace. Come possiamo essere così illusi che ci possa essere pace e rispetto senza giustizia? Sappiamo che senza rispetto della persona umana e dei suoi elementari diritti non ci potrà mai essere pace, ma solo sfruttamento e schiavitù.

Tutti sanno cosa fare !! . Solo che per fare qualcosa ci vorranno delle grandi spese e siamo già in ritardo. Queste ribellinìoni sono i segni che il vecchio sistema criminale ha le ore contate. Ci vuole verità e giustizia, condizioni di vita degne e positive allora avremo una Italia nuova.

P.Claudio 8-01-2010

Il mondo si sveglia , prepariamoci a qualche sorpresa!!!

Cari amici,

alcuni tra voi sicuramente conoscono già Primo Marzo 2010 Sciopero degli Stranieri, qualcuno si è iscritto al gruppo su FaceBook (ma poi magari se n'è dimenticato!), la maggior parte probabilmente non ne sa nulla.
Il prossimo Primo Marzo immigrati e francesi, stanchi del razzismo e delle politiche che esso produce, organizzeranno una grande manifestazione di protesta (la Journée sans immigrants - spero di averlo scritto correttamente - che prevede astensione dal lavoro, sciopero degli acquisti e molto altro ancora) per far capire all'opinione pubblica quanto importanti siano i migranti per l'equilibrio sociale ed economico del Paese, nonché per il suo arricchimento culturale. Questa iniziativa è nata su FaceBook.
Noi (la sottoscritta e altre due amiche: Daimarely Quintero e Cristina Seynabou Sebastiani) ci siamo messe in contatto con i francesi e abbiamo pensato di organizzare in Italia qualcosa di analogo. La situazione italiana è molto diversa da quella francese ma noi crediamo che sia arrivato il momento di lanciare un segnale forte anche qui.
Non possiamo più chiudere gli occhi
sul clima di razzismo che sta condizionando pesantemente il nostro Paese e sta portando a sistematiche violazioni dei diritti umani e della Costituzione.
In poche settimane il gruppo è cresciuto enormemente (oggi abbiamo più di 6500 adesioni), sono nati i primi comitati locali (Roma, Palermo e Napoli) e i media hanno cominciato a parlare di noi. Tra pochi giorni presenteremo ufficialmente il nostro manifesto.

Desideravo coinvolgervi o coinvolgervi di più in questa iniziativa, che ha carattere spontaneo, è espressione della società civile e, per riuscire, ha bisogno dell'aiuto e del contributo di tutti.
Vi invito (se non lo avete già fatto) a:
iscrivervi al gruppo su FaceBook ( http://www.facebook.com/search/?q=primo+marzo&init=quick#/group.php?gid=208029527639&ref=search&sid=1328506729.469073668..1);
a iscrivervi alla mailing list (basta rispondere a questa mail specificando iscrizione nell'oggetto):
a visitare il nostro blog (
http://primomarzo2010.blogspot.com ).

Vi allego il nostro logo (lo ha realizzato per noi Giuseppe Cassibba, un artista siciliano assai sensibile al tema dei diritti umani e del dialogo interculturale) e il nostro ultimo aggiornamento.
Divulgare questa mail tra tutti i vostri contatti sarebbe già un grande contributo.
Grazie mille e buon anno!


s.

--
Stefania Ragusa
Professional Journalist
Milan - Italy
www.stefaniaragusa.com


Fatti ordinari di "cosa nostra" contro gli immigrati

A ROSARNO, DOPO ATTACCO A IMMIGRATI, PROTESTE E TENSIONE
Altro, Standard

Non sembrano aver avuto conseguenze di rilievo, almeno per la salute delle persone, nè l'attacco di sconosciuti contro immigrati presi di mira con armi ad aria compressa nè la successiva protesta di centinaia di lavoratori immigrati - provenienti in prevalenza da paesi dell’Africa subsahariana - svoltasi oggi a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria: un rifugiato politico togolese (di identità per ora non resa nota ma con regolare permesso di soggiorno) è stato ferito leggermente; sono stati inoltre danneggiati cassonetti per i rifiuti e automobili. Dopo l’intervento della polizia è tornata una calma parziale e in serata sono state avviate trattative per far rientrare la protesta. Sarebbero alemno 1500 gli immigrati che, prevalentemente utilizzati come manodopera nell'agricoltura, e vivono in condizioni definite disumane tra Rosarno, in un'ex-cartiera in disuso, e Gioia Tauro in un immobile dell'ex-Opera Sila. Michelangelo Tripodi, assessore all'Urbanistica della Regione Calabria e Segretario regionale del Pdci, in un articolo pubblicato ieri anche dall'agenzia di stampa Asca, riferendosi ai due immobili-ifugio, aveva scritto tra l'altro: "In quel luogo di dolore e di sofferenza vivono centinaia e centinaia di nostri fratelli immigrati, che non hanno nulla, non hanno servizi, non hanno luce, non hanno acqua, non hanno alimenti, non hanno riscaldamento, non hanno coperte, non avrebbero neanche una tazza di latte se non ci fossero organismi come la Caritas e persone come Don Pino De Masi che si stanno prodigando in tutti i modi per garantire il minimo necessario per garantire loro la sopravvivenza". Tripodi aggiungeva: “Si tratta di persone che vengono sfruttate e non vengono neppure pagate dai caporali e dai mafiosi che controllano il mercato del lavoro, specie nel settore agricolo. E’ una situazione che non può essere più tollerata perché lì, all’ex-Opera Sila di Gioia Tauro, si concentra quanto di più barbaro e disumano ci possa essere. Tutti abbiamo il dovere di intervenire per cancellare dalla nostra terra questo scempio di vite e di valori. Noi calabresi, che siamo il popolo dell’asilo, dell’accoglienza, e della solidarietà, non possiamo accettare che tutto questo possa avvenire in casa nostra, nella nostra terra”. (MZ/pmb)[CO]

giovedì 7 gennaio 2010

CITTA' D'AFRICA GRANDI DIFFICOLTA' IN ARRIVO

AFRICA - A 50 anni dall’“Anno dell’Africa” il continente è sempre più inurbato
Roma (Agenzia Fides) - Nel 1960, “l’anno dell’Africa”, quando la maggior parte degli Stati africani divennero indipendenti, vi era solo una città dell’Africa sub-sahariana (Johannesburg, in Sudafrica), con una popolazione di più di 1 milione di abitanti. Nel 2010 si stima che almeno 33 città africane avranno una popolazione di più di 1 milione di abitanti.Questo sviluppo avrà drammatici conseguenze soprattutto perché secondo i dati di UN-Habitat, agenzia dell’ONU con sede a Nairobi, in Kenya, che si occupa degli insediamenti urbani, attualmente i due terzi della popolazione africana urbana vive in slum o comunque in insediamenti “informali” senza acqua corrente, fognature, sistemi di trasporto e sanitari adeguati. UN-Habitat prevede che entro il 2030 la popolazione africana vivrà in gran parte in insediamenti urbani e non più in campagna. Occorre dunque offrire una seria prospettiva di vita ai giovani degli slum, che sono sradicati dalla cultura tradizionale africana e che rischiano di cadere nella tentazione della criminalità o addirittura del terrorismo.Il rapido e disordinato inurbamento sta creando seri rischi ambientali con pesanti conseguenze sulla salute degli abitanti dei quartieri più svantaggiati. Tra i fattori di rischio vi sono l’acqua contaminata, la mancanza di strutture sanitarie, l’aria inquinata e la proliferazione di insetti portatori di malattie. Questi problemi sono aggravati dall’utilizzo di prodotti chimici nel settore agricolo e industriale. Di conseguenze oltre alla malattie che tradizionalmente colpiscono le popolazioni africane (tubercolosi, Aids, malaria, ecc…) si stanno diffondendo malattie tipiche dei Paesi industrializzati come il cancro, le malattie cardiovascolari e l’asma provocato dall’inquinamento. Dal punto di vista dello sviluppo urbanistico, occorre ricordare che un gran numero di città africane erano state sviluppate ai tempi coloniali come centri amministrativi e di scambi commerciali e non come moderni centri industriali e terziari concepiti per accogliere una vasta popolazione. Di conseguenza diverse città africane hanno una struttura imperniata su un centro dove sono collocati i quartieri per le persone abbienti e le attività commerciali e di governo, circondato da insediamenti irregolari (chiamati a seconda dei Paesi, “slums”, “shanty towns”, “bidonvilles”, “townships”, ecc…): è una sfida per la Chiesa e la missione in Africa, dove esistono da tempo esempi di testimonianza missionaria negli slum più poveri del pianeta, come quelli di Nairobi. (L.M.) (Agenzia Fides 5/01/2010)
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AFRICA - L’urbanizzazione in Africa - Scheda
Roma (Agenzia Fides) - Nel 1950 solo il 14,5% della popolazione dell’Africa sub-sahariana viveva in città. Nel 1980 questa percentuale è aumentata al 28% e nel 1990 al 34%, si prevede che nel 2020 il 50% della popolazione dell’Africa sub-sahariana sarà urbanizzata, nel 2025 sarà il 60%. Nel 1960 Johannesburg era la sola città dell’Africa sub-sahariana con una popolazione di oltre un milione di abitanti, nel 1970 erano 4 le città con più di un milione di abitanti: Città del Capo, Johannesburg (entrambe in Sudafrica), Kinshasa (nell’allora Zaire, l’attuale Repubblica Democratica del Congo) e Lagos (Nigeria). Alla fine degli anni ’80 alla lista si sono aggiunte Abidjan (Costa d’Avorio, Accra (Ghana), Addis Ababa (Etiopia), Dakar (Senegal), Dar es Salama (Tanzania), Durban (Sudafrica), East Rand (Sudafrica, fa parte della vasta area metropolitana di Johannesburg), Harare (Zimbabwe), Ibadan (Nigeria), Khartoum (Sudan), Luanda (Angola) e Nairobi (Kenya). Nel 2010 si stima che almeno 33 città africane avranno una popolazione di oltre 1 milione di abitanti. Nel 2015 Lagos avrà 23 milioni di abitanti, diventando la terza megalopoli del mondo, dopo Tokyo e Mumbai. La capitale della Repubblica Democratica del Congo, Kinshasa, che nel 1940 aveva una popolazione di 50mila abitanti, è diventata oggi la 23esima città più popolosa del mondo con 10 milioni di abitanti. Anche i centri urbani minori sono in rapida espansione. In Kenya, ad esempio, nel 1962 vi erano 34 centri urbani, nel 1999 sono diventati 177. In Malawi la percentuale della popolazione urbana è cresciuta dal 5% del 1960 al 13% del 1995. I tre quarti della popolazione urbana risiede nelle città principali di Blantyre, Lilongwe, Mzuzu e Zomba. Il tasso di crescita della popolazione urbana è del 5,6% all’anno. (L.M.) (Agenzia Fides 5/01/2010)

Re Magi indesiderati !

Da Repubblica on line


Mercoledì 6 gennaio 2009 - Epifania del Signore

Agrigento, un cartello accanto alla mangiatoia: "Quest'anno non arriverannosono stati respinti alla frontiera insieme agli altri immigrati". Iniziativa della Caritas
Agrigento, il presepe è senza i Magi"Li hanno bloccati alla frontiera"
di Fabio Russello
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AGRIGENTO - Si avvisa che quest'anno Gesù Bambino resterà senza regali: i Magi non arriveranno perché sono stati respinti alla frontiera insieme agli altri immigrati". C'è scritto questo su un cartello posto all'interno del presepe della Cattedrale di Agrigento alla vigilia dell'Epifania.GUARDA Il presepe "bloccato alla frontiera L'iniziativa è del direttore della Caritas di Valerio Landri con l'imprimatur dell'arcivescovo Francesco Montenegro che è stato presidente nazionale della Caritas. "E' stata un'iniziativa concordata con l'arcivescovo Francesco Montenegro - ha spiegato Valerio Landri - perché abbiamo ritenuto che si dovesse dare un segnale per far riflettere la comunità ecclesiale e civile. Pensiamoci bene: oggi Gesù Bambino, se volesse venire da noi, probabilmente sarebbe respinto alla frontiera. Non abbiamo inteso fare polemica politica, siamo consapevoli che è necessaria una regolamentazione del fenomeno, ma siamo convinti che bisogna anche comprendere il perché questa gente fugge dal suo paese e bisogna dunque pensare all'accoglienza".Landri ha raccontato anche delle diverse reazioni da parte della gente: "C'è chi ha plaudito alla nostra iniziativa ma anche chi si è lamentato sostenendo che abbiamo voluto sacrificare la tradizione alla problematica legata all'immigrazione. Noi pensiamo che la tradizione non possa essere anteposta ai diritti delle persone".