ACSE on LINE 3/5 2010

ACSE on LINE 3/5  2010
scuola

mercoledì 13 ottobre 2010



ACSE ON LINE anno 3 N° 21
(AssociazioneCombonianaServizioEmigranti)


Cronaca:


Settembre è volato e Ottobre sta volando.

Il 10/10/10 rimarrà una data da ricordare perché abbiamo realizzato un incontro per commemorare San Daniele Comboni, fondatore dei Missionari Comboniani.
E’ stato interessantissimo e soprattutto si è realizzato nel solco voluto dal grande profetà d’Africa sul tema “ salvare Africa con gli africani”e sulla valorizzazione delle persone al disopra di qualsiasi altro interesse e condannando qualsiasi forma dischiavitù e di oppressione, già 150 anni fa,
Hanno partecipato all'incontro 3 dei 5 membri del Gonsiglio Generale della Congregazione dei Missionari Comboniani. Ci hanno presentato le loro esperienze missionarie e l'impatto che San Daniele Comboni e i suoi missionari hanno lasciato nelle terre africane. Dopo un interessante di dibattito che è servito a sottolineare le eccezionali intuizioni del Comboni, precursore di tempi nuovi, abbiamo affidato al Signore Dio con una Celebrazione Eucaristica, le nostre attività future, chiedendo al PADRE che ci guidi nell'impegno di una maggior apertura al mondo, all' incontro di popoli, nel rispetto reciproco, nello sviluppo della giustizia e nella lotta a qualsiasi forma di schiavitù.
Informiamo che le atività del nostro CENTRO ACSE sono entrate in funzione:
accoglienza, servizio odontoiatrico, scuola di italiano, servizio legale,
distribuzione pacchi viveri e vestiti, servizio famiglie e servizio studenti
universitari. Ringraziamo tutti i numerosi volontari che anche quest’anno
hanno cominciato ea svolgere il loro impegno con dedizione ed entusiasmo.

Ci siamo però accorti che le necessità degli stranieri sono aumentate
perché quelli che si presentano da noi si trovano in situazioni peggiori
degli anni passati. La ricerca di lavoro, casa, documenti è una ossessione
che rovina la vita, distrugge la serenità e provoca nella sotietà un clima
sempre più irrespirabile. Non possiamo dimenticare infatti che anche
numerosi italiani si trovano nella affannosa ricerca di un lavoro, strozzati
dai mutui e dalla insicurezza dovuta alla precarietà e spesso dalla miseria
nera. Questo spimge a cercare di scaricare le colpe sugli stranieri che
“ruberebbero il lavoro agli italiani” cosa non vera perché le due
situazioni camminano su binari paralleli in cui la povertà degli stranieri non
ha difesa e per questo è veramente tragica.

Per questo motivo crediamo opportuno presentare un libretto dal seguente
titolo :

“L’altra via” © CoedizioneAltra Economia Soc. Coop.2009 Cart’armata ed. srl.
via Calatafimi 10 20122 Milano Tel. 02-87.36.56.00
segreteria@altreconomia.it
Autore: Francesco Gesualdi
Supplemento al numero 105, maggio 2009, di “Altreconomia”
Direttore responsabile: Pietro Raitano
Il catalogo dei libri di Altreconomia è sul sito:

Crediamo che la lettura di questo piccolo libro sia non solo utile, ma
necessaria. Cercate in internet http://www.cnms.it/ (Centro Nuovo Modello di Sviluppo). Infatti deve nascere un nuovo modo di vivere e di usare i beni di
questo mondo se vogliamo sopravvivere ai disastri che ci investono.
Presentiamo il primo capitoli del libro affinchè leggendo ci si renda conto
che le cause dei guai “siamo noi stessi” guidati da mistificatori, imboglioni ,
banditi in frak, banchieri ciechi ed egoisti, e chi ne ha più ne metta.
Sentiamo cosa ci dice l’autore Francesco Gesualdi.
L’ACSE on Line continueraà ad affrontare anche questi temi perché
sono legati alla tragica situazione dell’ umanità, in particolare alla
situazione dei 200 milioni di profughi e migranti dell’ umanità
(P. Claudio 10-10-2010 Festa di San Daniele Comboni.)

ECCO IL PRIMO CAPITOLO DEL LIBRO " L'ALTRA VIA":
“DOVE CI TROVIAMO“

1. come siamo fini ti nella fossa?

L’economia mondiale ha deragliato perché da oltre un ventennio è guidata da
piloti in stato di ebbrezza. L’ubriacaturaneoliberista: niente Stato, il mercato
totalmente libero di seguirel’istinto predatorio. Alla fine l’auto ha sbandato, è
finita fuori strada ed è rotolata giù per la scarpata. Ma era prevedibile:quando
si guida in maniera spericolata l’incidente è inevitabile.I giornali hanno
imputato la crisi a scelte bancarie azzardate,ma questa è solo l’ultima parte
della storia. Se vogliamo capire cosa è successo dobbiamo ripartire dalla
globalizzazione.Siamo a fine anni Ottanta, le multinazionali scalpitano per
uscire dai confini nazionali, rivendicano la possibilità di potercollocare i loro
prodotti da un capo all’altro del mondo senza vincoli di sorta.
Tramano, brigano, sbraitano, e ce la fanno araggiungere il
loro obiettivo, ma poi scoprono che il grandemercato mondiale non esiste:
solo il 30-35% della popolazioneterrestre ha i soldi in tasca per assorbire i loro prodotti, tutti gli altri sono inutile zavorra.
Finisce che tante imprese cercano di contendersi pochi clienti, si lanciano in una concorrenza ferocebasata anche sulla riduzione dei prezzi. Alle imprese interessa il profitto, se sono costrette a ridurre i prezzi si ingegnano per ridurre anche i costi, così il lavoro finisce sotto attacco. Nei settori ad alta tecnologia la strategia prescelta è l’automazione,negli altri settori si opta per
il trasferimento della produzione nei Paesi a bassi salari. Emerge un nuovo
mondo contrassegnato da un Sud affollato da lavoratori in semischiavitù e
un Nord con un crescendo di disoccupati e lavoratori precari malpagati.
Il risultato è una classe lavoratrice mondiale più povera, ma i padroni si fregano le mani: dal 2001 al 2005 la quota di ricchezza mondiale finita ai profitti è cresciuta dell’8%.

Il che ha due conseguenze.

Prima di tutto l’esplosione della finanza, un effetto
dovuto alla sfiducia dei capitalisti nella capacità di vendita del sistema. Il loro
ragionamento è semplice: quando la massa salariale scende, le prospettive
di vendita si riducono e diventa inutile investire in nuove attività produttive. Meglio buttarsi nella speculazione, l’arricchimento tramite l’azzardo, la compravendita di immobili e titoli, non importa se veri o fasulli. L’importante è stare al tavolo del gioco, portare a casa soldi ad ogni puntata. Poi si vedrà.
La seconda conseguenza è l’esplosione del debito: quando le buste paga si fanno leggere, il rischio è che non si chiuda più il cerchio fra ciò che si produce e ciò che si vende. Per ritrovare stabilità servirebbe una più equa distribuzione della ricchezza, ma al sistema questa prospettiva non piace: finché può, rinvia la decisione con rimedi tampone, cerca la quadratura del cerchio nell’indebitamento. A ogni angolo di strada banche, istituti finanziari, concessionarie, supermercati, pronti a offrire a poveri e meno poveri, mutui, acquisti a rate, prestiti al consumo: il sogno di una vita al di sopra delle proprie possibilità a portata di mano. Ovunque le famiglie hanno abboccato.

In Italia nel 2008 il debito totale delle famiglie corrispondeva al 70% delle loro entrate annuali, qualcosa come 16.000 euro a nucleo. Tuttavia il Paese dove le famiglie si sono inguaiate di più sono gli Stati Uniti, l’attrattiva è stata l’acquisto della casa. Nell’euforia degli affari sono stati offerti mutui anche a famiglie economicamente deboli, mutui inaffidabili presi a base di complesse attività speculative che hanno coinvolto banche, assicurazioni, fondi d’investimento, fondi pensione. Tutto è filato liscio finché i tassi di interesse sono rimasti bassi, le case hanno continuato a rivalutarsi, ma quando c’è stata l’inversione di tendenza, molte famiglie non ce l’hanno più fatta e l’intero castello è crollato. Sono cominciati i primi fallimenti bancari, più nessuno si è fidato dell’altro, l’intera attività creditizia si è paralizzata per mancanza di fiducia reciproca, banche ed imprese hanno cominciato ad annaspare per mancanza di fondi. In fondo la finanza è più psicologia che scienza. Col manifestarsi della crisi finanziaria, anche il marcio di fondo è venuto a galla: intere economie si sono inceppate per l’incapacità dei consumi di assorbire la produzione. A fine 2008 il sistema ha dovuto ammettere lo stato di crisi ed ha chiesto ai governi, gli unici con carroattrezzi adeguati, di intervenire. Con un unico obiettivo: tirare l’auto fuori dalla scarpata e rimetterla in condizione di riprendere la sua corsa. Per risollevare banche e imprese sono stati stanziati miliardi di euro, a forza di strattoni, probabilmente l’auto verrà tirata su e sarà rimessa in carreggiata. Ma ci sono forti dubbi che possa riprendere a correre
perché nel frattempo anche la strada si è gravemente danneggiata: a forza
di passarci si sono formate buche ovunque, in molti punti il ciglio è franato,
se l’auto pretende di correre si fracasserà. L’unica possibilità è rallentare, dotare l’auto di ammortizzatori più solidi, mettere alla guida un autista più prudente.
Fuor di metafora, le risorse si stanno assottigliando, il clima sta impazzendo, le tensioni sociali si stanno aggravando. Per evitare il tracollo dovremo passare dall’economia della crescita, all’economia del limite, dall’economia del cowboy all’economia dell’austronauta, ma anche dall’economia della precarietà all’economia della sicurezza, dall’economia dell’avidità all’economia dei diritti.
Potremmo chiamarla economia del benvivere o economia del rispetto, un’economia equa, sostenibile e solidale, capace di garantire a tutti un’esistenza dignitosa nel rispetto del pianeta. Una strada da imboccare al più presto perché la doppia crisi, ambientale e sociale, non ci lascia più tempo.>> (Francesco
Gesualdi.)


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